Sei Unico e Irripetibile: la favola del Brutto Anatroccolo

Berne, psichiatra fondatore dell’analisi transazionale, scrive: “ciascun essere umano nasce principe o principessa poi le prime esperienze convincono alcuni di essi di essere dei ranocchi” e noi potremmo aggiungere dei brutti anatroccoli.

Mi piace la fiaba del brutto anatroccolo perchè mi richiama molto l’analisi transazionale e il concetto di OKNESS. L’OKNESS altro non è che l’accettazione profonda di noi stessi e degli altri, la convinzione per cui nonostante i nostri limiti umani, i nostri difetti e i nostri errori abbiamo un valore profondo, un diritto a esistere, a vivere e a poterci esprimere.

“Io sono OK, vado bene così come sono”, ho la bellezza di un cigno, un mare profondo dentro di me, di pensieri, emozioni, esperienze che mi rendono unico al mondo.

Nella maggior parte dei casi, come ha detto Berne, ciascun essere umano nasce principe o principessa, è voluto, coccolato, desiderato, poi talvolta accade qualcosa: improvvisamente alcuni nostri comportamenti, modi di essere, iniziano a non piacere molto alle figure di riferimento, agli adulti e magari anche ai nostri coetanei. Iniziamo a ricevere messaggi di non OKNESS: etichette, definizioni che pian piano ci cuciono addosso la pelle dei ranocchi o dei brutti anatroccoli. Di fronte a questo siamo impotenti e siamo tanto più impotenti quanto più siamo piccoli, come l’anatroccolo appena uscito dal guscio che viene bullizzato dagli altri animali a causa del suo piumaggio nero, del suo essere brutto nel senso di diverso dagli altri. E così impariamo che la diversità significa bruttezza, esclusione, delusione e soprattutto… vergogna. Quando ero piccola mi commuoveva molto il passaggio della fiaba in cui il brutto anatroccolo viene deriso e cacciato via dagli altri animali. Perché pensavo “ma poverino… ma che colpa ne ha? Non ha scelto lui di avere quel piumaggio, di essere diverso, non è giusto!”.

La favola del brutto anatroccolo si conclude poi con un senso di rivalsa. Alla fine della fiaba il brutto anatroccolo scorge dei bellissimi maestosi cigni e si avvicina a loro aspettandosi di essere rifiutato. Ma inaspettatamente questo non accade e specchiando sulla superficie dell’ago scorge per la prima volta la propria immagine riflessa dall’acqua e capisce di essere diventato un bellissimo cigno! Io sognavo di diventare un cigno…e per me diventare un cigno significava diventare qualcuno che potesse piacere agli altri. Adesso che siamo adulti possiamo dirci che non è normale piacere a tutti. È che non è nemmeno sano piacere a tutti. Eppure la nostra autostima si è già un po’ costruita sulla base dello sguardo dell’altro. E anche se a volte riceviamo messaggi diversi, di OKNESS del tipo “vai bene così come sei” facciamo fatica ad integrare questi messaggi nella visione che abbiamo di noi stessi, finché appunto forse non riusciremo a riconoscerci specchiandoci nelle acque di un lago. C’è molta fatica, molto dolore nel sentirsi inadeguati anche quando si pensa di avere un mondo dentro di sogni, di speranze, di bellezza non riconosciuta. Quello che poi io ho notato è che ogni brutto anatroccolo si sente un po’ il più sfigato del mondo come se per il resto delle persone fosse tutto più facile, tutto più leggero. Ed è faticoso vivere sentendosi sempre inferiori agli altri. Ogni passo che facciamo anche il più piccolo è difficile e pesante, pieno di paure di ansia. Possiamo sentirci inferiori non soltanto per il nostro aspetto ma anche per nostre caratteristiche quali l’intelligenza, la capacità di creare relazioni, di comunicare con gli altri. Talvolta abbiamo dentro di noi la convinzione profonda di essere inadeguati, stupidi, incapaci di vivere la vita come fanno gli altri. E a lungo andare queste convinzioni di non OKNESS possono trasformarsi in quella che in psicologia si chiama la profezia che si auto avvera. Vi faccio un esempio: se io ho la convinzione di essere troppo timido ad esempio al punto di sentirmi incapace di parlare con gli altri, questa idea che ho di me influenzerà la mia capacità di relazionarmi. Mi farà battere il cuore, balbettare, ogni volta che provo a formulare un pensiero, perché la mia attenzione sarà molto più rivolta al possibile giudizio dell’altro che al discorso che devo fare. E la vergogna che provo, la paura mi renderà realmente impacciato e un po’ confuso. Il risultato sarà che mi sentirò confermare dall’altro la mia convinzione di essere incapace di esprimermi.

Come si esce da questo loop? Come possiamo ritrovare la nostra la nostra pelle da principi? Per prima cosa dobbiamo identificare queste convinzioni che abbiamo su noi stessi, questa è una parte importante del lavoro si fa anche in terapia. In che cosa ci sentiamo dei brutti anatroccoli? Nel rapporto con il nostro corpo, nelle nostre facoltà mentali, nel nostro orientamento sessuale o di genere. Il primo passo è la consapevolezza. Imparare ad amarsi significa prima di ogni cosa ascoltare quel dolore che sale quando ci soffermiamo sulle cose che non amiamo di noi, e accoglierlo per osservarlo. Tu sei unico e irripetibile ma non pensare di essere l’unico brutto anatroccolo, quello che vaga disperato, piangendo, senza una meta.

Ci sono altre persone che come te stanno combattendo questa battaglia, questo te lo dico per normalizzare perché non c’è niente di peggio del sentirsi gli unici, soli, sfigati con queste problematiche. Mal comune mezzo gaudio diceva un detto popolare e forse un po’ è così nel senso che… molte persone stanno combattendo questa battaglia per liberarsi dalla pelle del brutto anatroccolo e riescono a vincerla e quindi la prossima persona potresti essere proprio tu!

Per cui prenditi un attimo di pausa quando sei un attimo tranquillo e scrivi su un foglio o nelle note del tuo cellulare… qual è la tua pelle del ranocchio? la tua pelle del brutto anatroccolo? quali sono le cose che non ami di te stesso e che hai paura che gli altri vedano e che non amino a loro volta?Parti da qui per aumentare la tua consapevolezza. Buon lavoro!